Una ricerca pubblicata sull’American Journal of Gastroenterology ha mostrato che circa un sesto dei pazienti con malattia infiammatoria intestinale (IBD) raggiunge una remissione tardiva entro la settimana 30 di terapia con trattamenti avanzati. Questi pazienti, inoltre, hanno outcome a un anno comparabili a quelli di chi va incontro a remissione precoce. Tuttavia, l’identificazione di fattori predittivi di remissione tardiva potrebbe aiutare a prevenire l’interruzione precoce della terapia senza influire sugli outcome a lungo termine. Lo studio è stato condotto da un team guidato da Sara Ghoneim, della Harvard Medical School di Boston (USA).
Un miglioramento precoce con la terapia biologica nella malattia di Crohn (MC) e nella colite ulcerosa (CU) è associato a migliori risultati a lungo termine. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero rispondere più tardivamente. Per valutare la frequenza di remissioni tardive, i fattori predittivi e l’outcome a lungo termine di tali pazienti, i ricercatori hanno arruolato persone con MC o CU da moderata a grave che hanno iniziato una terapia biologica o con small molecules. L’attività di malattia è stata valutata con l’indice di Harvey Bradshaw (MC) e il Simple Clinical Colitis Activity Index (CU). I pazienti sono stati seguiti per un anno.
La coorte includeva 596 pazienti (280 con MC, 316 con CU) che avevano iniziato la terapia con anti-TNF (n=174), vedolizumab (n=171), anti-IL (n=116) o inibitori delle JAK (n=135). La maggior parte (89%) aveva avuto una precedente esposizione a biologici. La remissione clinica alla settimana 14 si è verificata nel 37% dei casi, mentre un ulteriore 14% ha raggiunto una remissione tardiva, tra la settimana 14 e la 30. I pazienti con remissione tardiva presentavano una durata di malattia leggermente inferiore, ma dati demografici e caratteristiche della malattia comparabili a quelli dei pazienti con risposta precoce. Inoltre, i pazienti con remissione tardiva hanno avuto tassi simili di remissione clinica (64% vs. 63%) ed endoscopica (43% vs. 49%) alla settimana 52 rispetto ai pazienti con remissione precoce, con risultati superiori rispetto ai pazienti senza remissione (rispettivamente 13% e 16%; p <0,001).
Am J Gastroenterol (2025) – doi: 10.14309/ajg.0000000000003795


